A metà ottobre l’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede, ha pubblicato la testimonianza di una studentessa laica statunitense di teologia. Trovandosi ad essere l’unica donna tra più di cento religiosi maschi, Dawn Eden, così si chiama questa studentessa, ammette che “Nella vocazione sacerdotale c’è qualcosa che difficilmente si riesce a spiegare e che crea un vincolo tra quanti vi sono chiamati. Gli studenti laici di teologia non hanno lo stesso legame. Ai miei colleghi di studio seminaristi non invidiavo la vocazione, bensì la fratellanza”.
È bello sentire raccontare da una fedele laica una sorta di invidia per la fraternità tra seminaristi o tra sacerdoti perché significa che è riconosciuta come qualcosa di bello, un dono per tutta la Chiesa.
In più di una occasione in queste settimane ci è stato riproposto il dono della fraternità come forma necessaria per vivere il tempo del Seminario e la vita sacerdotale e cristiana in questo tempo. Il Patriarca Francesco lo richiamava ai presbiteri lo scorso 8 ottobre nell’incontro di apertura dell’anno pastorale: “Vescovo, presbiteri, diaconi, consacrati e laici sono chiamati ad una più forte comunione, ad accogliersi a vicenda, a collaborare più strettamente…”. Provvidenzialmente ce lo ricordava anche mons. Oscar Cantoni nell’introdurre gli esercizi spirituali dei seminaristi: “la fraternità… i fratelli non si scelgono ma si trovano; dobbiamo diventare fratelli e il seminario serve per educarsi alla fraternità”. Più recentemente è venuto a fare visita in seminario p. Dino Tessari dei Missionari Oblati di Maria Immacolata e anche lui ci esortava con passione a “riscoprire la forza della comunità che è la fraternità sacerdotale che nasce dall’amore di Cristo: preti mai da soli!”.
L’insistenza sul tema della fraternità è davvero provvidenziale per la comunità del nostro Seminario perché non sia un comodo college che offre ospitalità e nemmeno una specie di acquario dove i pesci stanno insieme… ma senza fare esperienza di comunione!
Per un seminarista vivere il Seminario come una comunità significa accogliere gli altri seminaristi come un dono di Dio, affidarsi agli educatori come la presenza della Chiesa che aiuta a verificare la verità della propria vocazione inizialmente intuita. Perché la comunità non sia uno slogan inutile occorre fare in modo che l’altro, il fratello, sia colui che occupa il posto di Cristo accanto a me, che concretamente e quotidianamente il “noi” viene prima del mio “io”… comporta imparare ogni giorno a chiedere scusa quando si è mancato, a ringraziare di ciò che si ricevere, a chiedere l’aiuto del quale ho bisogno.
Una comunità è tale quando impara a condividere la fede e non semplicemente a programmare riunioni e a fissare programmi e iniziative pastorali, quando il pregare assieme e il celebrare l’Eucaristia precedono e accompagnano l’agire e il fare.
Vivere il tempo del Seminario come una autentica comunità è quanto la Chiesa chiede oggi ai seminaristi per essere domani preti. Dobbiamo accettare umilmente di convertirci a questa bella ed evangelica necessità!
Quest’anno la ripresa della vita comunitaria in Seminario è stata segnata da diverse occasioni nelle quali abbiamo potuto riconoscere l’amore con il quale il Signore ci guida: il pellegrinaggio a Torino-Ars-Annecy con il Patriarca i sacerdoti più giovani dal 16 al 20 settembre, l’ingresso di quattro nuovi seminaristi (Adriano, Enrico, Lorenzo e Matteo), i giorni di esercizi spirituali di inizio anno predicati da S.Ec. mons. Oscar Cantoni, l’ordinazione di quattro diacono in vista del sacerdozio (don Alessio, don Davide don Federico e don Massimiliano)…
Il Signore, come sempre, non ci fa mancare i suoi doni… a noi la responsabilità di coglierli e non sciuparli!
don Fabrizio Favaro